martedì 20 dicembre 2016

Ve le ricordate le "palle di Natale"?... Ne ho trovate delle altre!

Intanto, per rinfrescare la memoria, potete sbirciare il post del 21 dicembre 2013!

Ed ecco l'aggiornamento:




Una fiaba sotto l'albero. C'era una volta la discrezione...

... Poi la discrezione fu (infine) scovata e "smascherata" dagli imbecilli e dovette ritirarsi nell'oblio (paradosso!).

C'era una volta il nome di una Scrittrice italiana che apparteneva a una penna sofisticata quanto popolare. Era amata da un largo pubblico di lettori quanto apprezzata dalla critica più esigente e raffinata. 
Ma questo nome non aveva un volto perché la Scrittrice (ma qualcuno supponeva trattarsi di uno scrittore... Sorvolo sulle implicazioni maschiliste di tali supposizioni, pertanto trasparenti nel loro sciovinismo) non desiderava che la sua persona fosse associata ai suoi libri. Riteneva che essi dovessero esistere ed esprimersi indipendentemente da lei, dalla sua immagine e dalle sue opinioni. Per spiegare questo suo punto di vista la Scrittrice pubblicò un volume in cui illustrava, tra le altre cose intelligenti e interessanti, questa maniera d'intendere il mestiere di scrittore e il destino (autonomo) delle opere.
Ma la Scrittrice andò troppo oltre e provocò così le ire degli imbecilli in modo irreversibile: ebbe l'ardire d'affermare che essere riconosciuta, intervistata, invitata ad esprimersi in pubblico, frequentare i festival letterari, essere ospite di programmi televisivi, proporre o imporre le proprie opinioni su questo e su quello... non la interessava. Davvero. Preferiva condurre una vita appartata, pur continuando a scrivere. Anzi, questo stato di cose l'aiutava a scrivere.
Ma come?!?! La Scrittrice non voleva essere "famosa"?!? Famosa!... Finire in televisione, sui giornali!... Non voleva! E sembrava quasi affermare che tutto ciò non contasse nulla!?...
Ciò non poteva essere! Fu così che un manipolo d'imbecilli trovò il modo di condurre delle indagini sull'identità della Scrittrice, finché l'imbecille più grosso di tutti trovò la maniera di "smascherarla" (ah, la furbizia... Ci fosse nel mondo tanta intelligenza quanta furbizia...). Certo, "smascherarla": questa criminale, nemica giurata della società dell'apparire, della popolarità senza talenti, della fama senza merito.
E così ora sappiamo che volto ha la Scrittrice, come si chiama, sappiamo dove vive, con chi vive, cosa fa, da dove viene...
La Scrittrice ha subito un'inaudita violenza, che nessuno potrà più riparare. E per che cosa? I suoi lettori, coloro che traevano piacere dai suoi libri, avevano appreso a farlo nell'ottica della Scrittrice, e amavano questo nome senza volto, che permetteva ai romanzi di esistere autonomamente nelle loro vite. Anche i lettori, dunque, sono stati defraudati e senza che si chiedesse, prima, la loro opinione.
Gli unici che si sono eccitati e rallegrati per il bel risultato dell'intrapresa sono gli imbecilli. Perciò, a fronte di una lunga serie di persone che ha subito, suo malgrado, una vera e propria violenza, c'è un pugno d'imbecilli soddisfatto (non possono essere in molti, avendo escluso dalla schiera degli imbecilli i lettori della Scrittrice, che sono invece numerosissimi).
Non so se mi va davvero d'entrare nel nuovo anno in una società in cui una minoranza d'imbecilli si crede in diritto di violare le vite altrui, i media forniscono gongolanti gli strumenti, e nessuno pensa di denunciare e mandare in galera questi deplorevoli sacerdoti della visibilità, dell'esternazione, della fama da quattro soldi.
Me lo sono dimenticato il vero nome della Scrittrice, mi sono dimenticata dove vive, cosa fa, da dove viene. Davvero. Il mio cervello ha sempre avuto questa funzione smart: il mio cervello si occupa con grande efficienza di dimenticare le cose che non mi interessano. Spero, in questo caso, di non essere l'unica.
I miei auguri di buon anno nuovo alla Scrittrice e ai suoi lettori.

lunedì 19 dicembre 2016

Eccoci!

Un po' di tempo è trascorso, abbiamo sonnecchiato, ma riprendiamo il discorso.

Molte cose sono accadute.
David Bowie e Sonia Rykiel non ci sono più. Il presidente degli Stati Uniti sarà presto un tizio con la pelle arancione e il capello ossigenato/cotonato/posticcio. La Barbie sarà la first lady (faranno un'edizione limitata di "Barbie-First lady"? Chissà).
Insomma, non c'è di che stare molto allegri.
Teniamo duro, però. Restiamo eleganti.
Ce la possiamo fare.


venerdì 7 agosto 2015

Continua...

Un'amica bene informata, che lavora nel settore, mi informa formalmente che il blu è il colore più richiesto nell'abbigliamento maschile.
D'accordo, faccio parte di una "minoranza cromatica". Ma resisterò. A colpi di nero.

giovedì 6 agosto 2015

Sfoghi di egotismo



Ho appena finito i Ricordi di egotismo, perciò mi trovo in una fase in cui ritengo che le mie esperienze e le mie impressioni siano di imponente interesse. In effetti, lo ritenevo anche prima, ma Stendhal ha sicuramente peggiorato la situazione.
Perciò: desidero esprimere pubblicamente e definitivamente la mia personale insofferenza per il “blu”. Basta. Basta. Basta!
Questo colore irritante, per il quale ho coniato anni addietro l’efficace definizione di “nero mancato”, ha imperversato nelle collezioni primavera/estate 2015 con inusitata determinazione e invadenza. Certo, ad ogni sacrosanto marzo, le vetrine cominciano puntualmente a popolarsi di questa tinta frustrante (oltre che di righe, pois, fiori; e per citare la battuta di un certo film, “Avanguardia pura, insomma”). Ma quest’anno si è esagerato. Ogni brand, ogni linea aveva il suo bravo blu sparso un po’ dappertutto. Non solo nel casual/pseudo-marinaro/pseudo-barcaiolo (un giorno parleremo anche di questo). Ce n’era per tutti: abiti da cocktail, da sera, da cerimonia (Ah! Vuoi mettere un bel blu per la cerimonia? C’è di che parlare di “rivoluzione pura”), da tutti i giorni, da lavoro (nel senso di “ufficio”, perché se lavorate in un cantiere, allora sì, il blu è il vostro colore; cfr. “tute da”). Questa proliferazione cromatica fastidiosa mi ha fatto risparmiare delle cifre considerevoli, non c’è dubbio, ma esteticamente parlando ho sofferto. Sofferto moltissimo.
Ma non è finita. Oltre ad averlo dovuto tollerare e soprattutto dribblare durante i saldi, ora scopro che sarà il protagonista anche delle collezioni invernali. Ma come?! Passi la “tradizione” nella primavera, passi lo scivolone estivo (per una volta). Ma l’inverno. L’inverno no. Se banalità ha da essere allora che banalità sia. E se devo sciropparmi il blu in primavera, ho il diritto di strafogarmi di nero (e di marrone, e di grigio) d’inverno.
E la volete conoscere la cocente, umiliante ciliegina sulla torta (blu)? Il parigino museo della moda, il Palais Galiera, ha appena dedicato una mostra fascinosissima alle creazioni di Jeanne Lanvin. Lo sapete qual è il colore più ricorrente?
Ecco. Appunto. Anche la storia della moda è contro di me. Ditemi voi cosa mi resta. E se vi sembro affetta da egotismo, ricordatevi che Monsieur Beyle non era certo l’ultimo degli sciocchi. Lui detestava i suoi connazionali, io detesto il blu. Chi è più difficile?






Nota a margine: per chiarezza e precisione, con “blu” intendo il blu scuro, quello che include il “blu notte”, quello che si declina in tonalità che, in maniera più o meno ardita e sfacciata, si avvicinano al nero. A volte pericolosamente. Perciò, se vi trovate in un negozio e sentite una cliente (bella, magra, sciccosa, ma dall’attitudine elegantemente nevrotica) che chiede alla commessa se il capo che ha provato è blu o nero, e se la domanda viene ripetuta quattro o cinque volte, e se viene anche richiesto un attestato scritto di garanzia di neritudine prima dell’acquisto… Ecco, quella sono io.

venerdì 12 giugno 2015

Dieci minuti (e venti secondi) per un classico

Guardate qui, vi divertirete. Ce ne sono anche altri, sempre della stessa compagnia. Lo so, è tutto un po' misterioso. Sorpresa. E grazie a Pina per la segnalazione.



venerdì 1 maggio 2015

Buon 1° maggio 2015

Cercando un'immagine, possibilmente storica, per illustrare questa giornata, sono incappata - naturalmente - su documenti iconografici rigorosamente tutti al maschile. 
Perciò, ho scelto questa fotografia. Mi sembra bella, forte, giusta. Ritrae una delle Hunger Marches, le manifestazioni che a partire dagli anni Venti, nel Regno Unito, furono animate da minatori disoccupati e persone che non trovavano, in generale, un impiego. Attualità del passato.

Buona Festa del lavoro.



sabato 25 aprile 2015

Il cinema in mostra

Nella capitale francese le mostre non mancano mai, ma rileviamo in questo periodo un'alquanto sorprendente concentrazione di esposizioni imperniate sul cinema. Segnaliamo le principali, tra loro molto diverse, negli obiettivi e nel "genere".



Il crimine agli albori del cinema!
Cominciamo dalla più coinvolgente, interessante, particolare. Insomma, è la mia preferita: Cinéma premiers crimes [Cinema primi crimini]. Dal 17 aprile al 2 agosto 2015. Alle origini della storia del cinema, viene ripercorsa l'attrazione fatale della Settima arte in Francia per i fatti di cronaca più eclatanti e cruenti, il mistero, i (fascinosi) fuorilegge, le azioni criminose, le indagini dei primi investigatori dello schermo e così via. Troverete filmati, fotografie, documenti, oggetti, ecc. e degli straordinari, colorati ed enormi manifesti dell'epoca. Inoltre, la sede (la scenografia all'interno della mostra è pure suggestiva) è nel Marais, zona gradevolissima. Galerie des bibliothèques de la Ville de Paris (Paris 4e). Métro Saint Paul. Vi segnalo che il giovedì, dalle 18 alle 21, l'ingresso è gratuito. Ma trovate tutte le informazioni qui: Cinéma premiers crimes

 


Lumière
Passiamo a una sede più nota e prestigiosa: il Grand Palais, che ospita una mostra organizzata dall'Institut Lumière: Lumière! Le cinéma inventé [Lumière! Il cinema inventato]. Dal 27 marzo al 15 giugno 2015. Il materiale esposto è variegato e in gran parte inedito. Si festeggiano i 120 anni dell'invenzione del cinematografo. Potete informarvi qui:  Lumière! Le cinéma inventé

La Sortie de l'usine Lumière à Lyon, 1895.

Gaumont
Anche Gaumont, la nota, storica casa di produzione francese celebra le sue prime 120 primavere. Con un'esposizione intitolata 120 ans de cinéma. Gaumont, depuis que le cinéma existe [120 anni di cinema. Gaumont, da quando esiste il cinema]. Quel po' celebrativa, ma quale impresa non festeggerebbe un traguardo così? Dal 15 aprile al 5 agosto 2015. L'ingresso è gratuito (ci sono anche delle proiezioni, a pagamento) e la sede particolare, il 104 Paris. Potete saperne di più qui: Gaumont






Antonioni
Per chiudere, andiamo alla Cinémathèque française, che ha da poco inaugurato una mostra dedicata a Michelangelo Antonioni. Aux origines du pop. Cinéma/Photographie/Mode [M.A. Alle origini del pop. Cinema/Fotografia/Moda]. Si tratta in realtà della stessa esposizione inaugurata al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 2013. Ma chi non l'avesse vista, potrà recuperare, dal 9 aprile al 19 luglio 2015. Per informazioni: Michelangelo Antonioni



(Di P.)

Buona Festa della Liberazione



Buon settantesimo anniversario della liberazione dell'Italia.
E buon onomastico a tutti i Marco!

mercoledì 1 aprile 2015

Triste, banale, brutto

In questi giorni è uscito il nuovo numero di una rivista francese per uomini (?), che già dal nome fa capire che si tratta di una testata molto creativa e che certo non ha bisogno di copiare nulla da nessuno: Lui (che in francese è il maschile di "elle", cioè Elle).
Viviamo ancora in una società libera in cui fondare una rivista è permesso a chiunque, non è questo il punto. Il punto è l'ultima copertina e la persona che vi appare. Si tratta di una foto dell'attrice Virginie Ledoyen. 
Non è Nicole Kidman, ma nemmeno l'ultima arrivata. Ha cominciato a comparire al cinema verso l'inizio degli anni Novanta, vanta una carriera internazionale e ruoli che spaziano dal film d'autore al cinema di genere. Qualche titolo: L'Eau froide (1994) di Olivier Assayas, Il buio nella mente (1995) di Claude Chabrol, La figlia di un soldato non piange mai (1998) di James Ivory, The Beach (2000) di Danny Boyle, 8 donne e un mistero (2002) di François Ozon. Esce ogni anno con uno o due film e in Francia è senz'altro una celebrità, oltre che un'attrice che lavora. La signora non ha un fisico straordinario, ma possiede un volto molto bello e fotogenico e non ha ancora toccato la quarantina, perciò, se è quello il problema, può rilassarsi, perché potrà tranquillamente interpretare delle trentenni ancora per altri dieci anni.
Ebbene, nonostante tutto ciò, ha pensato di farsi fotografare sullo sfondo di una scenografia porno-chic-kitsch (profusione di dorature, di tappeti, di broccati, ecc.) in posa frontale, abbondantemente e pesantemente truccata, seduta con le gambe aperte, naturalmente seminuda, mentre con le mani tiene davanti a sé - a sé e alle parti intime - un... gatto. 
Che poi è una gatta. E a chi il francese lo conosce lascio il piacere di assaporare la finezza, l'originalità e la sofisticazione dell'ardita metafora. Mentre a chi non lo conosce lascio il privilegio invidiabile di ignorare la suddetta. 
Io la foto e il suo offensivo contenuto (per le attrici, per le donne, per gli uomini - veri - e perfino per i gatti) non li pubblico. Andateveli a vedere, se lo desiderate. Non sarà difficile trovarli in rete.
Tenevo a denunciare - sì, denunciare - un'operazione che è triste, banale, brutta da capo a piedi. Tutto è scadente in quell'immagine. Non so chi l'abbia scattata, ma persino la qualità della foto è mediocre. E Madame Ledoyen è ridicola, grottesca. patetica.
Mi sento offesa personalmente da tanta bruttezza e mancanza di gusto, ma soprattutto dal fatto che un'attrice (?), che un lavoro e una carriera li ha, debba abbassarsi a tali livelli per un'operazione promozionale che è - nel contenuto e nella forma - un insulto alla dignità della sua professione e di tutte le donne e degli uomini intelligenti, liberi e perfettamente consapevoli che il cattivo gusto, l'erotismo posticcio e lesivo dell'immagine della donna non sono né divertenti né eccitanti né interessanti. 
Ho stabilito di non andare più a vedere nessun film con Virginie Ledoyen. Vi invito a fare lo stesso.

(Di P.)  

 


giovedì 19 marzo 2015

Fashion week but not very chic





Dal 3 all’11 marzo si è tenuta a Parigi la “Settimana della moda”. L’evento – che ha cadenza semestrale – è senza dubbio importante, specie per gli addetti ai lavori. Fa parte delle tante manifestazioni che contribuiscono a tenere in vita un settore produttivo e commerciale che, a prescindere da considerazioni d'altra natura, alimenta un giro d’affari rilevante e dà lavoro, a tanti i livelli, a tante persone.

Però, l’esperienza casuale e fugace che ne ho avuto quest’anno mi ha lasciato un’impressione di fastidio, di tristezza quasi. 
L’11 marzo, nel pomeriggio, mi sono trovata a place d’Iéna, nel XVI arrondissement. Emersa dal métro, ho avuto la visione un po’ surreale di un’invasione di grosse, opulente e ingomabranti auto nere. Ovunque. Ce n’erano ovunque. Si stentava ad attraversare la strada, i marciapiedi erano assediati. I pedoni frastornati. I vetri scuri conferivano ai mezzi quell’aria misteriosa – e insieme un po’ pretenziosa – che gli occhiali da sole incollano a certi volti. Ma le insegne sulle auto davano loro un aspetto un po’ cheap. Sembrava un’invasione, un’occupazione, un’intrusione di prepotenza. Per niente elegante, questo è certo.
Sono scappata via. Mi sono ritirata in fretta, e con sollievo, nell'edificio in cui mi dovevo recare. Non ho avuto nessuna curiosità di vedere cosa avesse provocato quella mobilitazione. Nessuna. Proprio nessuna.
(Di P.)

martedì 17 marzo 2015

Un segno (bello)

A Parigi, sulle facciate de l'Hôtel de Ville (foto scattate qualche giono fa). La capitale francese rivendica in questo modo il suo diritto alla libertà d'espressione.












domenica 15 marzo 2015

Un fiore che fa già primavera




L'ho trovato in uno spazio espositivo nel Marais, un po' nascosto (vi si accede per una porticina che è in un vicolo cieco ovvero l'Impasse des Arbalétriers, che si apre al numero 36 della rue des Francs-Bourgeois). Anche il nome è suggestivo: la Boutique ephémère du Marais.
Effimero e segreto, dunque, questo luogo accoglie diversi stilisti che si avvicendano con le loro creazioni d'abbigliamento, accessori e gioielli. Gli stilisti cambiano, ma in generale vi si trovano indumenti ed oggetti in serie limitate o anche pezzi unici, un po' eccentrici, caratterizzati dalla mescolanza di tessuti e fantasie per gli abiti, con una certa tendenza all'assimetria e (un po' troppi) materiali sintetici (per i miei gusti). Perciò questo cappello - il modello si chiama Charleston - rappresentava, in quel contesto, una specie d'eccezione. E anche rispetto agli altri copricapi e accessori della firma, Mino Delavictoire (chapeaux, ma anche bijoux de tête!), di cui potete vedere qualche campione sul rispettivo (piccolo) sito.
 

In vero feltro, era declinato im molti colori (compresi i sempre attraenti rosso e nero), alcuni morbidi e pastello, mentre ce n'erano degli altri tendenti addirittura al flou (era interessante il contrasto della tonalità sgargiante con il modello d'altri tempi). Mi hanno consigliato una tinta che richiamasse quella dei miei occhi, perciò ho escluso subito il rosso, il giallo e l'arancione. Ed ecco il risultato!


Si tratta del genere di copricapo che non sta con tutto, ma che si può portare in tutte le situazioni. Devo dire che lo trovo originale, nonostante il modello tradizionale e il colore non flou. Non so a voi, ma a me sembra anche molto elegante.

(Di P.)

sabato 24 gennaio 2015

Cartolina da Verona

Da Verona: grazie a L., che ha trovato questa chicca!...


Vignetta!

Grazie all'amica C., che ci ha mandato questa vignetta. Anche noi "siamo d'accordo"...

"Alla fine, sull'essenziale, siamo piuttosto d'accordo..."

domenica 18 gennaio 2015

Cartoline da Lisbona

Strade...







Case...










Pessoa...




Bandiere...



Azulejos...




 

 
Auto?...
 


Navigatori, orizzonti...
 





 Marcia-piedi o arte-sotto-i-piedi?...




Monastero don Jerònimos de Belém...








 
 Muri, colori, visioni...